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APPROFONDIMENTI

ESSERE LARINGECTOMIZZATI

L’IMPATTO DRAMMATICO DELL'INTERVENTO. Scoperte dopo l’operazione:
chi sono? Mancanza, capacità di affrontare i problemi, speranza

L’importanza di poter parlare con uno psicologo fin dal momento del ricovero, è sottolineata spesso dalle persone che si sono ammalate.
La domanda che sorge spontanea è di essere accompagnati in questo difficile momento in cui si tocca con mano la gravità della patologia e la nuova identità psico-fisica che deriva dalla cura.
Tante sono le paure che accompagnano la malattia e il suo decorso. Prima dell’intervento sono frequenti le paure sulla propria salute, l’incognita dell’intervento chirurgico, i timori sulla possibilità di guarigione.
Dopo l’intervento le paure riguardano il come gestire la situazione e la qualità di vita possibile. Già al risveglio dall’anestesia infatti tutto appare così strano da non sembrare reale e possibile.
Guardarsi allo specchio e non vedersi come prima, provare a parlare e non riuscirci, risulta profondamente frustrante. Lentamente diventa inevitabile fare i conti con questa nuova realtà, per occuparsi di quella che risulta essere un’alterazione funzionale ed estetica del corpo.
L’intervento cambia il confine e il rapporto tra mondo interno e mondo esterno. Rassegnazione si alterna a speranze rinnovate, la rabbia e l’aggressività alla depressione. Il pensiero ricorrente e angosciante, è che nulla sarà più come prima.
Di fronte all’impossibilità di parlare, alla fatica di trovare nuovi modi di comunicazione, all’impossibilità di deglutire, ci si chiede come fare a ritornare alla propria vita.
Benché non esistano controindicazioni alla ripresa di una vita affettiva e sociale normale, preoccupa il ritorno alla vita affettiva e sessuale, come se l’intervento avesse intaccato la propria virilità o femminilità. Ci sarà ancora spazio per il piacere e il desiderio?
In questa fase è condivisa da sanitari e da ex-pazienti l’idea che sia utile incontrare qualcuno che è riuscito a ricominciare a vivere. Un po’ come ricevere un salvagente quando si teme di annegare.
La comunicazione resta un punto nodale, ed è pure difficile dirlo, sia per chi non può che urlare in silenzio, sia per chi non può sentire ma solo immaginare, nell’impotenza più totale. Come nel famoso quadro, l’”urlo” di Munch. Nel silenzio affogano la sofferenza e il dolore che la persona non può più esprimere a parole.

 

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